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zola


Il Mouret gli si piantò a un tratto di faccia, e con la voce terribile dei giorni di furia:

— Siete un po’ troppo allegro, sapete! Ah, voi mi credete bell’e morto e sotterrato, e mettete fuori i denti! State ben attento, non son di quelli che si fanno mangiare, io!

II Bourdoncle, smarrito dall’improvviso assalto di quell’accidente d’uomo che indovinava tutto, non seppe far altro che balbettare:

— Ma come!... scherzate!... io che vi ammiro tanto!...

— Non dite bugie! — riprese il Mouret anche più forte. — State a sentire: s’era due stupidi a credere che il matrimonio ci dovesse mandare in rovina. Invece il matrimonio è la salute, è la forza, è l’ordine della vita!... Dunque, caro mio, me la sposo; già, la sposo; e vi mando via tutti, se vi movete un tantino. Già, sicuro! anche voi mando via, caro Bourdoncle!

E con un gesto lo licenziò. Il Bourdoncle si sentí vinto, tolto di mezzo da quella vittoria della Donna. Se n’andò; e vedendo, mentre usciva, Dionisia, la salutò profondamente, senza sapere piú che cosa si facesse.

— Finalmente! siete voi! — disse il Mouret con dolcezza.

Dionisia era pallida dalla commozione. Aveva avuto un ultimo dolore, sapendo dal Deloche che lo cacciavano via: non era valso ch’ella si fosse offerta a parlare per lui; il giovine s’era ostinato a dire ch’era un disgraziato, e che se ne voleva andare. Perché restare? Non avrebbe fatto altro che dar noia a chi era felice! Dionisia, commossa sino al pianto, gli aveva detto addio come a un fratello. Anche lei che altro


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