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Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/32

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22 tangeri


asciugare, si attorcigliano, piglian la forma di palle, di cubi, di mostri senza braccia, senza gambe, senza testa; così che le strade e le piazze della città paiono seminate di cadaveri e di tronchi umani, come dopo una strage.

Più considero questa gente, e più ammiro la nobiltà dei loro movimenti. Fra noi non v’è quasi alcuno che o per l’impedimento degli abiti, o per la strettezza della calzatura, o per vezzo, non abbia un’andatura contraffatta. Costoro si movono colla libera eleganza di superbi animali selvaggi. Cerco e non trovo in mezzo a loro nemmeno uno di quei mille atteggiamenti da rodomonte, da ballerino e da innamorato svenevole, ai quali abbiamo l’occhio abituato nei nostri paesi. Tutti hanno nel loro modo di camminare qualcosa della compostezza d’un sacerdote, della maestà d’un re e della disinvoltura d’un soldato. Ed è strano che quella stessa gente che sta tante ore del giorno accovacciata, immobile, quasi intorpidita, spieghi, non appena è scossa dalla passione, un vigore di gesto e di voce che tocca la frenesia. Ma anche nel prorompere delle passioni più violente, serbano una sorta di dignità tragica,