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Pagina:I Vicerè.djvu/100

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98 I Vicerè

La principessa aveva dunque sostenuto, per accasar Raimondo, una lotta ora sorda, ora violenta non solo col primogenito e con don Blasco, ma con lo stesso figlio di cui voleva assicurare l’avvenire, e perfino con sè stessa. Ella ebbe in quell’occasione un altro nemico, e non meno terribile: donna Ferdinanda.

La zitellona contava allora trentotto anni, ma ne dimostrava cinquanta; nè in età più fresca aveva mai posseduto le grazie del suo sesso. Destinata a restar nubile per non portar via nulla del patrimonio riserbato al fratello principe, ella sarebbe stata forse rinchiusa, per precauzione, in un monastero, se la sua bruttezza e più la naturale sincera avversione allo stato maritale non avessero assicurato i suoi parenti meglio della clausura contro i pericoli della tentazione. Non era parsa mai donna, nè di corpo nè d’anima. Quando, bambina, le sue compagne parlavano di vesti e di svaghi, ella enumerava i feudi di casa Francalanza; non comprendeva il valore delle stoffe, dei nastri, degli oggetti di moda, ma sapeva, come un sensale, il prezzo dei frumenti, dei vini e dei legumi; aveva sulla punta delle dita tutto il complicato sistema di misurazione dei solidi, dei liquidi e delle monete; sapeva quanti tarì, quanti carlini e quanti grani entrano in un’onza; in quanti tùmoli si divide una salma di frumento o di terreno, quanti rotoli e quanti coppi formano un cafisso d’olio.... A quel modo che, fisicamente, gli Uzeda si dividevano in due grandi categorie di belli e di brutti, così al morale essi erano o sfrenatamente amanti dei piaceri e dissipatori come il principe Giacomo XIII e il contino Raimondo; o interessati, avari, spilorci, capaci di vender l’anima per un baiocco, come il principe Giacomo XIV e donna Ferdinanda. Costei aveva avuto dal padre una miseria, il così detto piatto, cioè tanto da assicurare il vitto quotidiano, la magra provvisione, durante il fedecommesso, dei cadetti e delle donne. Con