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Pagina:Le mie prigioni.djvu/240

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Arrossì, e rispose con seria ed amabile semplicità: — Non vi dimenticate dunque di me, quando sarò morta; pregate per la povera anima mia, e pei figliuolini che lascio sulla terra. —

Da quel giorno in poi, non potè più uscire dal letto; non la vidi più. Languì ancora alcuni mesi, poi morì.

Ella avea tre figli, belli come amorini, ed uno ancor lattante. La sventurata abbracciavali spesso in mia presenza, e diceva: — Chi sa qual donna diventerà lor madre dopo di me! Chiunque sia dessa, il Signore le dia viscere di madre, anche pe’ figli non nati da lei! — E piangeva.

Mille volte mi son ricordato di quel suo prego e di quelle lagrime.

Quand’ella non era più, io abbracciava talvolta que’ fanciulli, e m’inteneriva, e ripeteva quel prego materno. E pensava alla madre mia, ed agli ardenti voti che il suo amantissimo cuore alzava senza dubbio per me, e con singhiozzi io sclamava: — Oh più felice quella madre che, morendo, abbandona figliuoli inadulti, di quella che dopo averli allevati con infinite cure, se li vede rapire! —