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INTORNO A UN'ANIMA | 323 |
si aperse, comparve l’allampanata figura nera del cappellano. Colei sorrise a Lelia un «complimenti» e si alzò.
Don Emanuele veniva al colloquio coll’onesto proposito di servire alla gloria di Dio e alla salute di un’anima. Il suo volto grave, i misurati moti della persona spiravano tale coscienza di autorità che a osservatori ostili poteva parere orgoglio. L’orgoglio è veleno tanto sottile, tanto potente a insinuarsi e dissimularsi nei minimi filamenti del cervello umano, che don Emanuele si potè ingannare giudicando di esserne scevro, di considerarsi l’umile servo cui la divisa e il mandato del Signore conferiscono potere, diritto al rispetto, dovere di esigerlo. Non si accorgeva di compiacersi del potere immenso della collettività cui apparteneva, dei tanti e tanti che colla stessa sua veste, per la virtù dello stesso sacramento a lui largito, governano in ogni parte del mondo quell’elemento superiore dell’uomo sul quale non hanno potestà nè principi nè governi, nè armi nè catene. Non si accorgeva di compiacersi di ciò che altri migliori ministri della Chiesa fa umili, non soltanto davanti a Dio ma pure davanti agli uomini. Mentre quelli usano del potere sacerdotale con trepidazione e cautela, egli era inclinato, per questa sua compiacenza, a usarne senza misura. Come il servo arrogante a fronte di umili dipendenti del padrone facilmente usurpa l’autorità del padrone stesso, facilmente presume interpretarne la volontà, così troppo facilmente don Emanuele si persuadeva d’interpretare la Volontà Divina anche quando interveniva con ordini e consigli nel campo lasciato alla libertà dei fedeli. Il suo sottile orgoglio s’infiltrava dentro queste mistiche guaine, tanto più inconscio di sè quanto più l’uomo era solito umiliarsi nella preghiera in cospetto dei Santi, della Vergine, di Cristo. Fiero nello spirito contro la propria carne, non lo dominava senza