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Pagina:Leonardo da Vinci scienziato.djvu/15

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ai quali aveva insegnato la teoria della luce e delle ombre, la prospettiva e l’anatomia, depressero in qualche momento lo spirito del Maestro, che era poi insuperabile nell’ideale artistico che in grazia della scienza risplendeva maggiormente nella mente di lui.

Scrisse Leonardo: « la natura è piena d’infinite stagioni (o cagioni) che non furono mai in esperienza ». Se però è non piccolo il numero dei nuovi fatti sperimentali che rivelino in quelle cagionii, e che d’anno in anno vengono annunziati, bene scarso è quello dei fatti veramente luminosi, che siano cioè atti ad influire sulla razionale evoluzione delle teorie fisiche, offrendo per essa punti sicuri di appoggio. Per questa condizione, e per quel più o meno di nebbia che può trovarsi tra il vero e l’intelletto, potrà avvenire che alcune delle teorie più sodisfacenti divenuteci familiari, non appariscano più le stesse per tutti, e che allora possa domandarsi se esse sono o no da ritenersi per vere o almeno per verosimili. Ebbene, mi si conceda questo atto di ammirazione per Leonardo scienziato, augurando che sorga un genio pari a questo che egli ebbe, ogni volta che o una interpretazione fantastica di fatti veri, o una critica eccessiva che avvolgendosi nella metafisica confonde ad es. la trasformabilità con la distruggibilità delle cose, moltiplicano i dubbi, che indeboliscono la fede nella scienza si da farla apparire in uno stato di perenne formazione, e, quando lo scetticismo assale, quasi un giuoco dello spirito, che niente possa conoscere della realtà. E ripetiamo quell’augurio quando in libri che trattano di scienza moderna, si leggono dei giudizi come questi dettati dal signor Le Roy: « l’intelligenza deforma tutto ciò che tocca, e ciò è più vero ancora del suo istrumento necessario, il discorso; della realtà non abbiamo che le nostre impressioni fuggevoli, e questa medesima realtà svanisce allorchè si tocca ». Ma veramente la scienza coltivata da Leonardo si è sempre mantenuta nella realtà delle cose e delle loro armonie, che egli comprendeva senza separarne