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Pagina:Olanda.djvu/153

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DELFT. 141

mi conduce ad Anversa, e dopo poche parole, spiegatale prima la ragione della mia curiosità, le faccio la solita domanda. Essa volta la testa da un’altra parte mettendosi una mano sulla fronte e poi risponde spiccicando le parole: “Sono il fla-gel-lum De-i!” Scrivo a casa dandomi per vinto, soggiungendo però che mi resta una buona speranza per l’Olanda, paese quieto, dove le case sono tanto ordinate e pulite, e la vita casalinga così dolce; e mia madre mi risponde che essa pure propende a fare un’eccezione onorevole per l’Olanda. Ma il dubbio rimaneva sempre a lei ed a me, io ero curioso ed essa aspettava le notizie; ecco perchè feci quella domanda al mio cortese Cicerone di Delft. Ora ognuno si può immaginare con che ansietà io stessi aspettando la risposta.

“Signore” mi rispose l’olandese dopo un momento di riflessione, “le risponderò una cosa sola, ed è che in Olanda abbiamo un proverbio, il quale dice che le serve sono le croci della vita.”

Mi cascarono le braccia.

“Prima di tutto,” continuò, “c’è il guaio che, per poco che s’abbia una casa grande, bisogna tenerne due, una per la cucina e una per la pulizia, essendo quasi impossibile, con quella mania che hanno di lavare fin l’aria, che una sola faccia le due cose. Poi son tutte assetate rabbiose di libertà; vogliono star fuori la sera fino alle dieci; avere di tratto in tratto una giornata completamente libera. Poi bisogna tollerare che il loro fidanzato o altro