Vai al contenuto

Pagina:Questioni urgenti (d'Azeglio).djvu/13

Da Wikisource.
Versione del 2 nov 2019 alle 19:50 di CandalBot (discussione | contributi) (Bot: modifica fittizia Pywikibot)
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)

— 13 —

È tempo una volta di spiegarsi, chè l’impresa di render l’Italia indipendente, impresa alla quale abbiamo consumato la vita, non ha ora a diventare un tiro di bussolotti, nè ha ad andare avanti per equivoci e per reticenze a profitto de’ più svelti.

Liberar l’Italia, renderla forte, e perciò unificarla, è il pensiero di tutti; ma non intendiamo che sotto la coperta dell’Italia ci vogliano invece far passare la Repubblica.

Qui sta il nodo della questione: e su questo è bene dir quattro parole.

Prima di tutto, nessuno mi leva di capo che in questa questione della Repubblica è corso un equivoco. Chi la vagheggia come l’ultimo ed il più sapiente prodotto dell’arte dello Stato, esamini più attentamente la questione, e troverà che la Repubblica ne è invece il primo rudimento.

Il primo vincolo di tutte le società umane fu la forma Repubblicana pel tempo di pace, e la Monarchica assoluta pel tempo di guerra. Ciò spiega Tacito nella sua Germania; ce lo confermano le Storie; e si trova ora fra le tribù selvaggie. Questa prima repubblica barbarica aveva anzi un grado d’indipendenza individuale, che nessuno ora crederebbe possibile. Un solo individuo poteva opporsi e mandare a monte una deliberazione di tutti. Di un tal sistema rimase la traccia nel Veto della Costituzione della Polonia.

Dai tempi più antichi dunque l’assoluta indipendenza individuale in pace (Repubblica) finiva necessariamente nell’assoluta dipendenza (Assolutismo) in guerra. Come era da prevedersi, chi aveva preso il comando in guerra, lo seppe mantenere in pace; salvo ad essere abbattuto dal popolo colla violenza. L’umanità fu alternativamente