Vai al contenuto

Pagina:Tarchetti - Racconti fantastici, 1869.djvu/24

Da Wikisource.
Versione del 2 nov 2019 alle 23:17 di CandalBot (discussione | contributi) (Bot: modifica fittizia Pywikibot)
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)

— 24 —

restata saldamente su questo. Ciascuno esponeva le proprie idee, ciascuno aveva qualche cosa a raccontare a questo riguardo. E come avviene ogni qualvolta ci affacciamo a questo mondo pauroso dell’incomprensibile e del soprannaturale, che se ne ride da principio per ostentazione di coraggio e si finisce coll’atterrirsi di ciò che si ascolta, e spesso di ciò che abbiamo raccontato noi stessi, ciascuno di noi si sentiva compreso da un sentimento misto di paura e di meraviglia, e si affannava a riannodare e a rinfocare la conversazione ogni qualvolta questa mostrava di languire, con quell’insaziabilità che hanno i fanciulli di ascoltare i racconti spaventevoli dei maghi e delle fate.

Avevamo pressochè esaurito tutto il repertorio delle nostre cognizioni su questa tesi, allorchè un vecchio artista da teatro che tutti noi conosciamo da tempo — una dalle cariatidi più celebri di quel caffè — si alzò da un tavolo vicino da cui era stato ascoltando, e venne a prender posto nel nostro circolo.

— Il signore ha ragione, diss’egli, accennandomi col dito. Io non conosco il giovine di cui egli ha parlato poco fa, e non posso far fede dell’influenza che gli attribuisce, ma che esistano uomini siffattamente fatali, anzi