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Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/406

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atto secondo. — sc. IV. 401

Moro.E se tal modo non vi fosse, o figlia,
Tranne di coscïenza soffocando
Le più solenni grida? — Impallidisci?
Margher.Se irremovibil sei, noi sciagurati!
Perderti dovrem dunque? A ciò non posso,
A ciò non posso rassegnarmi, o padre!
Pietà de’ figli tuoi! Pietà del santo
Vescovo amico tuo, che poco lungo,
Qui in orribile carcere, prostrato
La morte aspetta a cui ria legge il danna,
E che salvar tu solo puoi! Concesso
Di vederti mi fu, perchè una volta
A più docili sensi io ti radduca.
Guai se ad Arrigo io ritornassi, e fermo
Te nel rifiuto dirgli anco dovessi!
Consentimi che a lui rechi parola....
Moro.D’ossequio, sì, d’amor....
Margher.                                                  D’obbedïenza....
Moro.In ciò soltanto che conforme io stimi
A verità, a religion!
Margher.                                        Consenti....
Moro.Voce dunque autorevole di padre,
Dal lacerato cor, sulla mia figlia
Alzar dovrò? cessa, m’intendi? cessa
Di tentarmi a viltà. Sì basso ufficio
Alla figlia di Moro non s’aspetta.
Ignori tu, crudel, che i troppo cari
Accenti tuoi, tue lacrime, il dolente
Quadro di mia famiglia sconsolata,
L’orrenda idea d’una mannaja appesa
Sulla cervice del miglior mio amico,
Son tormento maggior delle mie forze?
Margher.Padre!
Moro.          Non proseguir. Tergiamo entrambi
Pianto di noi non degno. Al re ritorna
Con raffermato onesto ardir. Ti mostra
Figlia di Moro. Digli ch’io nemico
Mai non gli fui, che nol sarò giammai,