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Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/81

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76 eufemio di messina.

ATTO QUINTO.

Continua la notte. Fuman cupamente le rovine della città.



SCENA I.

Saracini con fiaccole, ALMANZOR.


Almanzor.Per ogni dove la cercaste! ah indarno!
Oh sciagurata donna! incontro forse
Correa all’amante: e l’angiol della morte
Fra le vittime sue lei pure avvolse.
Che mai fia del sultan? Misero! il vidi
Avventarsi di nuovo entro le ardenti
Ceneri di Messina, e ad una ad una
Interrogar quelle ruine, e ovunque
Giurar ch’ei tutta resa avria la gloria
Alla sacra città, purchè mostrata
Gli fosse in vita Lodovica. A lungo
Indivisibil l’orme sue calcai,
Ma le ceneri, il fumo e le cadenti
Torri a lui mi rapian.
Voce d’Eufemio di dentro.                                                  Muori.
Almanzor.                                                                      La voce
Non è questa d’Eufemio? Onde ne venne?
Più nulla s’ode. Ahimè! in periglio è forse.
Di lui volisi in traccia.
Alcuni Saracini.                                                  Eccolo.
Almanzor.                                                                      Eufemio!


SCENA II.

EUFEMIO furibondo colla spada insanguinata, e detti.


Almanzor. Salvo tu sei: parla, che fu? Di caldo
Sangue l’acciaro tuo gronda. Non trova
Accenti il furor tuo.