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Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu/347

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notturno 335






Essere un bel pino italico
sopra un colle romano,
quando la luna è colma;
e sentire il vento della notte
muovere le tenere cime
che rinascono in mezzo ai vecchi aghi
in sommo dei vecchi rami
rosee come dita di pargoli.

Essere il più alto e il più fosco cipresso della villa d’Este,
dopo il crepuscolo,
quando la fontana
rimuove il velo del capelvenere
dalla sua orecchia stillante
per ispiare il romore remoto
della cascata tiburtina;
e palpare la grazia della sera
con il chiaro verde sensibile
che orla il fogliame funerario.