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Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu/450

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438 notturno

gazzi accarezzavano sopra i sofà il morbido pelame degli «spaniels» dalle ampie orecchie pezzati di grigio e di castagno, di bianco e di arancione.

E una voce cantava come se l’uccello di paradiso avesse rapito l’arte notturna all’usignuolo di giugno e avesse potuto renderla solare o sublimarla e colorarla dei colori delle sue piume.

E tutta quella gioia degli occhi era modulata da quel canto, ora sommersa, ora emersa, ora rifluita, ora confluita...

Ah, che son mai queste note ch’io tento di ritrovare, o canzone visibile della paradisèa non vista?

Ogni volta che mi sveglio perdo una terra promessa.



La sensualità mi turba nella veglia e m’insidia nel torpore. Acces-