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92 | spasimo |
persone che vogliamo bene è il maggior piacere. Ma io vorrei persuaderlo che ha torto di temere che m’annoi. Io non mi sono annoiata mai. Paola Lerani ripeteva sempre un intercalare: «Figlia mia, la noia è grande!» Dava a tutte della figlia, anche alle maggiori di lei, e s’annoiava sempre, di tutto. I suoi parenti tardavano a portarla via dal collegio, ma ella non se ne doleva: «Figlia mia, la noia è grande!» Si annoiava a giocare, a studiare, a passeggiare, a lavorare, ad andar fuori, a restar dentro: non si sapeva che cosa fare per guarirla della sua noia. Doveva soffrire d’una malattia, poveretta. Forse che il babbo crede ammalata anche me?...»
Tratto tratto ella parlava dei suoi mali fisici, delle inquietudini del padre per la salute di lei: giudicava che egli fosse più abile d’una suora nel curare gli infermi.
«Quasi io desidero di star poco bene per vederlo seduto al mio capezzale, per udirgli narrare le storie con le quali mi distrae, per vederlo andare attorno, preparare le medicine, apparecchiare un tavolino proprio accanto al mio letto, togliere di mano a Giulia ogni cosa e far egli stesso ogni cosa, meglio di suor Anna!...
«Oh, no! povero babbo mio, non voglio più restare a letto; voglio sentirmi sempre bene e avere una bella ciera e fare il chiasso perchè tu ti rassicuri, perchè non t’affligga tanto a causa mia.