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Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/220

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I Nibelunghi 149

Il gigante gagliardo. Era Alberico
Fiero e forte davver. L’elmo ei portava
80E la corazza alla persona e in pugno
Una sua sferza grave e di molt’oro
Lucente. Ei corse là, ratto e veloce,
Dove in Sifrido s’incontrò. Pendeano
Da quella sferza sette nodi gravi,
85E con essi Alberico all’uom valente
Colpì sì forte innanzi da la mano
L’ampio pavese, che in frammenti attorno
Il fe’ cader. Già l’ospite gagliardo
Viene in rancura per la dolce vita.
     90Via gittò dalla man l’infranto scudo,
Il brando, lungo assai, nella guaina
Rimandò ancor, chè a morte ei non volea
Trarre il suo servo. Gli atti suoi contenne,
Nobil costume suo come allor volle.
     95Con le forti sue mani egli avventossi
Ad Alberico. Per la barba ei prese
L’uom vecchio assai e trasselo di foggia
Ruvida sì, che quei le voci sue
Alte d’assai levò. Quel trar feroce