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canto terzo. | 63 |
Pien di speranza, in uno assalto o dui,
D’aver in suo poter la terra e lui.
27 Veduto il viso ed il parlare udito,
Che di Terigi avean chiara sembianza,
Rinaldo fa carezze in infinito
Al messaggier del conte di Maganza:
Che sia d’Orlando, e quel ch’avea sentito
Per fama, gli domanda con instanza;
Come abbia a piè dell’Alpi, ed indi appresso
Vercelli, in fuga il Longobardo messo.
28 Come presente alle battaglie stato
Fosse il demonio, gli facea risposta;
E la lettera intanto, che portato
Di credenza gli avea, gli ebbe in man posta.
Quel l’apre e legge; e lui per man pigliato,
Da chi lo possa udir seco discosta.
Vertunno, prima ch’altro incominciasse,
Di petto un’altra lettera si trasse.
29 Poi disse: — Il cugin vostro mi commise
Ch’io vi facessi legger questa appresso. —
Rinaldo mira le note precise,1
Che gli pajon di man di Carlo istesso;
Il quale Orlando di Boemia avvise
D’esser pentito senza fin, che messo
Così potente esercito abbia in mano
Dell’audace signor di Mont’Albano:
30 Però che, vinto Unuldo (come crede
Che vincer debbia) e toltogli Guascogna,
Egli d’Unuldo esser vorrà l’erede,
Chè crescer stato a Mont’Albano agogna;
E la sospizïon c’ha della fede
Di Rinaldo corrotta, non si sogna:
In somma, par che sia disposto Carlo,
Per forza o per amor, quindi levarlo.
31 Ma che prima tentar vuol per amore;
Finger ch’al maggior uopo lo dimande
Per un dei diece il cui certo valore
Abbatta a Cardoran l’orgoglio grande;
E vuol per questo che dia un successore
All’esercito c’ha da quelle bande;
- ↑ Esempio notabile.