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322 | la lena. |
Per quaranta tre lire, ch’egli è a Bartolo
Bindello debitore; e son certissimo
Che non si truovi tanto ch’abbi ascendere
Alla metà ne al terzo di tal debito.
Per questo sto in tremor che non gli tolghino
Una mia botte, di che alla vendemmia
Per bollire il suo vin gli feci comodo.1
Meglio è, prima che i sbirri glie la lievino,
E ch’abbi a litigar poi e contendere
E provar che sia mia, s’io vo a pigliarmela:
E poichè l’uscio è aperto, alla dimestica
Entrarò. Vien, facchin, vien dentro; seguimi.
ATTO QUARTO.
SCENA I.
CREMONINO.
Or vedo ben ch’io son stato mal pratico;
E me n’ha gravemente da riprendere
Il mio padron, come lo sa, ch’a Ilario
Abbia scoperti gli agguati che Corbolo
Posti gli aveva, perchè avesse Flavio
Da lui danari; e per inavvertenzia
Solo ho fallito, e non già per malizia.
Ma che potev’io saper, non essendomi
Stato detto altro? Da doler s’avrebbono
Di mio patron, che dovéa avvertirmene.
Pur è stata la mia grande ignoranzia,
Chè dello error non mi sapessi accorgere,
Se non poi quando non c’era rimedio.
Ma dove van questi sbirri? Andar debbono
A dar mala ventura a qualche povero
Cittadin. Mala razza! feccia d’uomini!
- ↑ Far comodo altrui di una cosa, per Accomodamelo, Prestargliela, è assai bel modo, e già raccolto dai compilatori del Vocabolario di Bologna.