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orlando innamorato |
[St. 27-30] |
Io stavo queto e pur non soffiava,1
Fin che venuto fu la notte oscura.
Mentre che ’l frate così ragionava
Guardosse indietro, e con molta paura
Fuggìa nel bosco. Ahimè tristo! cridava2
Ecco la maladetta creatura,
Quel che io t’ho detto ch’è cotanto rio.3
Franco barone, io te acomando a Dio.4
Così li disse, e più non aspettava,
Chè presto nella selva se nascose.
Quel gigante crudel quivi arivava:
La barba e le mascielle ha sanguinose;
Con quel grande occhio d’intorno guardava.
Vedendo Orlando, a riguardar se il pose;
Sul col lo abbranca e forte lo dimena,
Ma nol può sviluppar della catena.
Io non vo’ già lasciar questo grandone,
Diceva lui, dapoi ch’io l’ho trovato;5
Debbe esser sodo come un bon montone:
Integro a cena me lo avrò mangiato.
Sol de una spalla vo’ fare un boccone.
Così dicendo, ha il grande occhio voltato,
E vede Durindana su la terra:
Presto se china e quella in mano afferra.
E’ soi tre dardi e il suo baston ferrato
Ad una quercia avea posati apena,6
Che Durindana, quel brando afilato,
Con ambe mano adosso a Orlando mena;7
Lui non occise, perchè era fatato,
Ma ben gli taglia adosso ogni catena;
E sì gran bastonata sente il conte,
Che tutto suda dai piedi alla fronte.
- ↑ P. pure.
- ↑ Mr. Fo gia.
- ↑ P. che cotanto è.
- ↑ P. Baron, ti raccomando.
- ↑ P. Diceva quel.
- ↑ Ml., Mr. e P. in su.
- ↑ T. e Mr. possati.