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PREFAZIONE.
Grandissimo obbligo ed immortale ha certamente il mondo, non tanto a quei primi artefici italiani, per opera de’ quali l’arte della pittura, già da tant’anni per malignità della fortuna e de’ tempi rimasta smarrita e quasi sepolta, fu ritrovata e fatta risorgere a novella vita; quanto ancora a coloro, i quali, di rozza ed imperfetta che ella era ne’ suoi principii, seppero, mediante la virtù e industria loro, condurla a quell’alto e maraviglioso grado di eccellenza, a cui due secoli dopo felicemente pervenne. Ma non sono da essere meno lodati e riconosciuti que’ pochi artefici, i quali, raccolti gl’insegnamenti e le pratiche che erano allora nell’arte, li misero in iscrittura, per notizia ed ammaestramento di coloro che a quella o per amore o per guadagno volessero venire. La quale usanza di unire la pratica con la teorica, fu vecchia negli artefici; imperciocchè, lasciando stare gli antichi, noi abbiamo tre libri intorno ai colori e alle arti dei Romani, composti da un monaco di nome Eraclio, il quale visse nell’ottavo o nel nono secolo;1 così di un ignoto artefice del IX secolo, avvi un Trattato delle tecniche dell’arte, del quale il Muratori mise in stampa alcuni capitoli, dove si