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voce calda e lenta, appena appena nasale, con certi punteggiamenti d’energia su le prime sillabe delle parole sdrucciole che compensavano l’immobilità delle mani e degli occhi. Io però conoscevo bene le sue mani e i suoi occhi perchè glieli avevo già baciati qualche volta nell’ozio dei quattro giorni d’oceano, dopo aver salpato dallo scalo di Oboken. Le mani erano piccole ed esangui, gli occhi erano grandi e cilestri. E le labbra? Le labbra erano esili e rosee, e, a vederle, crudeli.
— È stupido l’amore con gli scettici. Non si riesce a farli soffrire.
La luna faceva un gran tremare su la quieta acqua infinita e nel cielo spegneva quasi tutte le stelle.
— Ma quanti italiani avete conosciuti, per sentenziare così? — domandai io con prudenza.
— Quanti bastano, — mi rispose la bionda, invisibile immobile sibillina.
Anch’io fissai la luna e le lanciai contro ritmicamente il fumo della mia sigaretta perchè anche questo gioco d’illusione piace all’uomo — di velar le bellezze con un poco di fumo per goderle meglio quando tornano chiare.
Fritz, il deck-stewart, passò presso la fila delle sedie lunghe delle quali molte erano già vuote, a