Veglia e lavora, paga il tuo pane, Da mane a sera, da sera a mane. Veglia e lavora sempre così90 Fino alla fine de’ tuoi brevi dì. Sempre così!
Ma più della miseria e della fame Può la voce del cor che regge il mondo. Quelle due sventurate anime grame95 Sentiro il tocco d’un amor profondo. E sciolto il freno all’amorose brame Uscir’congiunti dal tugurio immondo, E lungo il fiume, sotto il cielo azzurro, Errar’del vento e dell’acqua al susurro.100 Nei propinqui palagi ardono intanto Ricchi doppieri e profumate faci: S’alternano le danze al lieto canto, Scoppiano i motti, le lusinghe, i baci. Copre la notte col discreto ammanto105 Liete venture, e voluttà procaci. Copre costì la colpa ornata d’oro, Qui il dolore incompianto e il van lavoro. Il dì seguente ai primi albor del giorno, Mentre l’ultimo cocchio iva sonante,110 II cantoniere che vegliava intorno Vide sull’acqua un non so che natante. Eran due corpi che travolti andorno, Dalla corrente, un uomo ancora aitante, E al suo collo avvinghiata una donzella115 Pallida, e nella morte ancor più bella. Furon tratti dall’onda, e furo esposte Le ignote salme con pietosa cura. Anzi alla bara dove furon poste Sorgeva immota un’invida figura,120 Le mani adunche, le chiome scomposte, E la sembianza avea beffarda e scura.