dei fogli, preparandosi il tè, scegliendo la sigaretta più morbida, gittandone una, accendendone un’altra. Così, l’urto atroce del primo minuto fu respinto da lui: e il suo primo nemico, che era il suo dolore, tacque, per poco. Ma le sigarette, tre o quattro, caddero in cenere, sul portacenere di metallo cesellato: ma il tè si raffreddò nella tazzina giapponese: ma egli non distese più la mano alla fialetta di cristallo dal coperchio di argento, dove era il cognac: e i giornali, le riviste, i libri giacquero sparsi, ai suoi piedi, sul tappeto. Non potea nè leggere, nè fumare, nè ubbriacarsi di cognac, per più di mezz’ora, e non erano che le undici e mezzo e non aveva sonno.
Sdraiato sulla lunga poltrona, abbandonato sui cuscini che aveva ammucchiato sotto le sue spalle e sotto la sua testa, egli si mise a guardare un orologetto di bronzo antico, delicatamente cesellato, posato sovra una mensoletta, presso a lui. Era un orologetto minuscolo, che egli aveva cercato di mettere in maggior evidenza, appoggiandolo sopra una piccola base di vel-