Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/146

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134 l’aridosia


Marcantonio. Ben. Non essendo monaca, è cosa piú scusabile. Ma dimmi: di chi è ella figliuola? e che buona ereditá di’ tu?

Lucido. Ell’è de’ Cennami; e non ha né padre né madre; e le monache son sua tutrici; ed ha bonissima ereditá, secondo che io intendo. Ed altro non vi so dire.

Marcantonio. Basta questo. Conforta pure Erminio a levarsi da questa impresa che, in veritá, non è né utile né onorevole. E, s’egli ha voglia di moglie, e delle belle e delle ricche non gli mancheranno.

Lucido. Gli mancherá questa che lui sopra tutte l’altre desidera.

Marcantonio. Io mi avvedrò se tu arai fatto seco el debito tuo.

Lucido. Lo farò per obedirvi, non per ch’io speri far frutto.

Marcantonio. Voglio andare insino in piazza. Fa’ che, come io torno, sia in ordine di desinare.

Lucido. Sará fatto. Oh che padre è questo dabbene! Io credo che, se potessi, che di sua mano la caverebbe di monasterio per metterla a canto a Erminio. Oh! Se e’ sapessi la pena che e’ porta per costei, n’arebbe piú di lui dispiacere: che il poveretto teme di non vituperare lei, il monasterio e sé ad un tratto; perché l’è di lui gravida e si vicina al parto che ogni giorno, ogni ora è la sua. E modo non si può trovare o di cavarla o farla partorire segretamente; né via che egli si possa ritrovare piú seco. E, insomma, bisogna berla; ed Erminio mi dice che io pensi e che io ripensi. E’ bisognava che pensassi lui a farlo in modo che non se ne avesse a pentire! Ma, guastando, s’impara. E ringrazi Iddio che non ha a fare con un padre come è Aridosio. Ma, or che io mi ricordo, Tiberio debbe essere ancor qui intorno a Ruffo; e non si ricorda di tornare in villa. E, se suo padre s’avvede che non vi sia, trotterá quaggiú per stordirci tutti quanti. Ecco appunto di qua Tiberio che e’ par che e’ pensi ad ogni altra cosa che all’andarsene in villa.