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122 alceste seconda
della sua vita il debil filo, ov’io

a lei svelassi l’imminente fine
del figlio unico nostro. Ella, dagli anni
affievolita, il piede omai non volge
fuor di sue regie stanze: onde finora,
in parte, il duol che tutta Fere ingombra,
è ignoto a lei. Ma il saprá pure! Ah, sola
tu mi rattieni in vita, egregia, amata
degli anni miei compagna! ov’io non fossi
necessario al tuo vivere, dai Numi
implorerei la morte mia, per torre
a Pluto Adméto... Ma, che veggio? Alceste
frettolosa ver me! Forse a lei prima
noto il risponder dell’Oracol era?


SCENA SECONDA

Alceste, Feréo.

Alces. Le paterne tue lagrime rasciuga,

o Re: la morte del tuo figlio omai
non ti avverrá di piangere.
Feréo   Che ascolto!
Oh gioja! Apollo dunque?... Havvi una speme?...
Alces. Speme, a te, sí; vien dal fatidic’antro:
né di un sí fatto annunzio ad altri volli
ceder l’onor; dal labro mio dovevi
averlo tu.
Feréo   Deh! dimmi; il figlio in vita
rimarrassi?
Alces.   A te, vivo ei rimarrassi:
certezza n’abbi. Apollo il disse; e Alceste
tel ridice, e tel giura.
Feréo   Oh detti! oh gioja,
vivo il tuo sposo!...
Alces.   Ma perciò non fia