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206 abèle
deh, col mio sguardo omai tu pur li mira.

Col vivo esempio di virtude, al bene
indirizziamli noi. Tardo al ben fare
non fu Caín finora: il padre intanto
veglia sovr’esso sempre. Eccolo, agli anni
bollenti è giunto, ove, leon feroce,
rugge indomito l’animo. Ben io,
ben la rimembro l’inquíeta fiamma,
ch’entr’ogni vena allora mi scorrea:
eppure allor tenea sovra il mio capo,
ben altro padre, il Creator, la mano:
mia norma e fren, l’Onnipossente allora.
Per quanto il può mia debolezza, in opra
tutto porrò per trarlo al retto. Agguaglia
fra lor tu intanto, come ognora il festi,
ed i precetti ed i materni amplessi,
quasi fosser sol uno. — Eccoli appunto.


SCENA SECONDA

Caíno, Abèle, Adamo, Eva.

Eva Oh figli miei! perché indugiaste tanto?

Perché tenerci in angoscia sí a lungo?
Abèle Madre amata, perdonaci; cagione
son io di ciò.
Caíno   Tu ’l vedi: in collo io porto
quest’agnellina.
Abèle   È la diletta mia.
Sempr’ella fugge: è vispa troppo: in una
ripid’erta scoscesa oggi tant’oltre
intricavasi, ch’ella nel burrone
iva giú giú...
Caíno   Sí, che a gran pena e rischio
vi si potea per prenderla poi scendere.