Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/13

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inferno - canto ii 7

CANTO II

     Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno
toglieva li animai che sono in terra
3da le fatiche loro; e io sol uno
     m’apparecchiava a sostener la guerra
sí del cammino e sí de la pietate,
6che ritrarrá la mente che non erra.
     O Muse, o alto ingegno, or m’aiutate;
o mente che scrivesti ciò ch’io vidi,
9qui si parrá la tua nobilitate.
     Io cominciai: «Poeta che mi guidi,
guarda la mia virtú s’ell’è possente,
12prima ch’a l’alto passo tu mi fidi.
     Tu dici che di Silvio lo parente,
corruttibile ancora, ad immortale
15secolo andò, e fu sensibilmente.
     Però se l’avversario d’ogni male
cortese i fu, pensando l’alto effetto
18ch’uscir dovea di lui e ’l chi e ’l quale,
     non pare indegno ad uomo d’intelletto;
ch’e’ fu de l’alma Roma e di suo impero
21ne l’empireo ciel per padre eletto:
     la quale, e ’l quale, a voler dir lo vero,
fu stabilita per lo loco santo
24u’ siede il successor del maggior Piero.
     Per questa andata onde li dai tu vanto,
intese cose che furon cagione
27di sua vittoria e del papale ammanto.