Pagina:Anonimo - Egloga pastorale di Flavia, Pentio, Venezia 1528.djvu/8

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D(a) (c)erti ch’eran li per vender tortole
che l’era ritornata fra questi elici
150più fresca, e bianca assai che fior di mortole.
E per mie fe l’altrieri tagliando selici
per far stiamazo a una capra gravida
me la parbe veder qua fra questi elpici
Parea che andasse sospettosa e pavida,
155fortemente pensando, e senza dubito
di ritrovar non so chi, parea forte avida
E però sappi certo che di subito
tu la vedrai quinci oltre sopragiognere
che so che la ricerca, e ciò non dubito.
160Non voler al tuo mal più male agiognere
torna al tuo gregge, e io via andatomene
che tempo è, di dover l’armento mungiere.

Fileno
Va in buonora e io qui restaromene

misero afflitto, e de la mia sciagura
165gridando infino al ciel lamataromene.

Strambotti
Può esser Flavia che tu sie si dura

verso chi t’ama assai più che se stesso
se se’ qui ritornata a la verzura
perché vederti ormai non m’è permesso?
170col tempo ogni gran frutto si matura
bellezza e crudeltà non stan ben presso
mostrami adunque al mio piangere umile
che sprezare un suo servo è cosa vile.
Se alquanto el nostro amor ti sta a mente
175perché non degni a miei preghi venire?
se ti so come fui fedel servente
già non doveresti a miei preghi disdire?