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ciolo nelle mani degli Aragonesi. Ma queste carezze costavan gli a occhi»1.

Erano questi i tempi del Vespro Siciliano; della traslazione della sede del principato da Palermo a Napoli; dello smembramento del Regno, da sciagurate contenzioni dinastiche diviso, unito, ridiviso; dell’autorità regia che ognor più fortemente ambiva costitursi; dell’autorità baronale che ognor più fortemente ricalcitrava alla sommessione. Avevano gli Svevi avuto certa prudenza di stato; arroganza ed albagìa hanno gli Angioni. Qualche lume di lettere aveano veduto Sicilia e Calabria per quelli; nessun benefizio fruiscono ora per questi. La lingua nazionale, la poesia volgare non erano state disgradite alla corte de’ primi; spiriti affatto stranieri mantengono sempre i secondi. Valendosi delle ordinazioni normanne, e dandovi maggior forza, aveva Federigo II svevo costantemente mirato a rendere robusta la monarchia a spese dei privilegi e delle entrate dei feudatari, impedendo si costituissero grandi e liberi comuni quali nell’altra Italia; soltanto studioso di accentrare in se e ne’ suoi uffiziali il pubblico potere, tolto ai signori, a’ vescovi, alle città. Questa medesima arte di stato continua, e peggio, cogli Angioini; questa cogli Aragonesi; questa con tutti i re delle stirpi posteriori.

In tali termini che cosa poteva ormai devenire Reggio? che cosa le altre città del Reame? Si fa più chiara, egli è vero, a cominciare da questi secoli (e propriamente da re Roberto in qua) la storia del municipio reggino; ma non ombra apparisce di autonomia, non propria autorità politica, non propria e libera padronanza de’ suoi atti, mai. Municipio in pupillare stato, come il genio di quel sovraneggiare assoluto e forestiero comportava, e nulla più. Gran ventura se ai suoi Sindici talora riesciva carpire dagli avveniticci padroni qualche favore o franchigia, o a piè del trono l’omaggio dell’università presentare2.


  1. Ivi, cap. 5, g. 1. — Ciò spiega perchè, in questa età e nelle posteriori, coteste due case siano state si larghe a concedere o riconfermare a’ Reggini quei tanti privilegi e favori e immunità, che l’autore mentova ne’ varii luoghi della sua opera. Volendo di tali privilegi ed immunità avere qualche notizia, vedi Lib. IV, cap. 3, §. 3, 5, 7, 9; cap. 4, §. 3, 9, 11; cap. 5, §. 2, 3. — Lib. V, cap. 1, §. 1, 3, 5, 6; cap. 2, §. 4, 5, 7, 8; cap. 3, § 1, 6; cap. 4, § 4, 6; cap. 5, §. 1; cap. 6, §. 2. — Lib. VI, cap. 2, §. 3; cap. 3, §. 4.
  2. Per l’intelligenza della storia civile di Reggio in particolare, e di quella del Regno in generale, non fin ozioso ricordare che «a quel che oggi