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44 nella regione riconquistata

Le ultime speranze austriache erano riposte in questi colpi di ariete. IL 17 giugno i nostri alpini conquistavano il monte Magari, e il nemico assaliva il Lèmerle e il Boscon, arrivava alla vetta del Lèmerle, era respinto. Il 18 giugno la nostra destra avanzava fra la Valle Frenzela e la Marcesina, e il nemico assaliva replicatamente il Lèmerle e il Magnaboschi. Il 19 continuò la nostra avanzata, la Cima Isidoro era presa all’estrema destra, e il nemico assaliva il Lèmerle, il Magnaboschi, il Boscon. Così tutti i giorni; e il 22 giugno continuavano ancora gli assalti al Magnaboschi. Il 25 gli austriaci erano quasi per tutto in ritirata, e qui si difendevano con accanimento, esasperati dalla rinunzia.

Le nostre trincee avanzate erano dei nidi d’aquila sui costoni meridionali del Cengio, fra le rocce, sospese in certi punti sull’abisso. Salendo la strada che si inerpica con infinite giravolte dallo sbocco dell’Astico sulla spalla del Pau per infilare il fondo dell’angusta Valcanaglia, si vedano sui fianchi scoscesi della montagna quelle posizioni ardite, tutte buche, tutte tane, protette da muricciuoli di sassi che si profilano nel cielo, e i camminamenti, le gradinate, le scalette, le infinite vie di approccio solcano i declivi precipitosi, li rigano di nero, li tagliano per ogni verso. Il bosco, più in basso, formicola di uomini, biancheggia di tende,