Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/349

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un ponte che crolla 295


fatto guardare in alto. Con quella grande forza che l’uomo trova nel pericolo, aveva potuto sollevare un istante l’automobile e liberarsi. Non è riuscito più a ricordare come avesse potuto volgersi dal sedile e aggrapparsi alla tavola. La storia d’un attimo decisivo non è rimasta scritta nella sua memoria. La stretta gli aveva prodotto due forti contusioni alla schiena e al petto; provava una sensazione di vivo dolore traendo fortemente il respiro, ed esprimeva tranquillamente l’opinione d’avere qualcuna delle ultime costole a sinistra spezzata. Ettore non aveva riportato che qualche scorticatura. Era rimasto al suo posto di guidatore, attaccato al volante, finché aveva finito con la testa in basso e i piedi in aria. Allora s’era lasciato cadere in fuori fra lo sfasciume del ponte, e guardandosi intorno, aveva scorto me ancora nel pericolo; ed era accorso. Io nella caduta avevo riportato delle avarie misteriose; sentivo ad ogni movimento un dolore diffuso alla spina dorsale, e non riuscivo più a sollevare completamente le gambe; esse si rifiutavano d’obbedirmi; le trascinavo a piccoli passi. Dovetti poi farmi sorreggere; e per due settimane ho continuato a muovermi stentatamente, strisciando il passo, e salendo con fatica e fra sospiri ogni gradino. Durante questo tempo credo di essere stato di qualche imbarazzo ai miei compagni di viaggio. Sulla faccia avevo delle escoriazioni prodotte non so come e non so da che, che ricordo soltanto per osservare che l’olio della macchina me le ha curate benissimo. Tutte queste ammaccature non toglievano nulla alla nostra felicità: la felicità di sentirci vivi.

Provammo una reazione di letizia. Il pericolo era passato su noi lasciando un’impressione d’incubo. Sognando di precipitare dall’alto avviene spesso di svegliarsi e di sentirsi contenti d’aver soltanto sognato. Noi avemmo un momento di quella contentezza indicibile. Ridevamo guardando l’automobile rovesciata, come se ci avesse fatto uno scherzo. E la fotografavamo da tutte le parti indicandoci le poco piacevoli posizioni che avevamo poco prima:

— Io ero lì, così.

— Io sotto a quelle tavole.