Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/151

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capo xxi. 143

tore averne un esempio nella seconda fra quelle al Leschassier la quale è un frammento della XIX, e nella XXX dove è incastrato uno squarcio di altra lettera non pure fuor di luogo, ma che imbroglia affatto il sentimento; e parimente l’epistola settima al Gillot è terribilmente mutilata.

L’epistolio di Frà Paolo offre una lettura amena per molti aneddoti curiosi e per lo stile lepido con cui è dettato, ed è utilissimo a conoscere la storia di quei tempi; essendo che, le italiane massime, versino molto sulle faccende politiche della giornata. Onde io credo che farebbe cosa giovevole chi si occupasse a raccogliere tutte quelle si conoscono, e pubblicarle unitamente; e poichè gli autografi sono perduti, nè vi è più speranza di emendare il testo alla genuina lezione, converebbe usare il lume della critica, corregendo gli errori di stampa o di trascrizione, riempiendo i vacui dov’è possibile di farlo, levando le interpolazioni manifeste, notando le dubbie, e riunendo a’ suoi luoghi i pezzi slegati.

Dissi che gli autografi sono perduti, e pare che vi abbiano egualmente contribuito protestanti e cattolici, ciascuno nell’interesse di far sparire i monumenti delle proprie manomissioni; molti parlarono della loro esistenza, ma, come dell’araba fenice, nissuno li vide. Il cardinale Pallavicino riportando nella Introduzione alla sua Storia del concilio di Trento alcuni frammenti epistolari del Sarpi, con un giro tortuoso di frasi lambiccate ed equivoche vorrebbe quasi farci credere di averne veduti gli originali; ma se ciò intese, è facile convincerlo di falsità. Ho anch’io copia di quelle lettere; di una ho