Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo III, 1832.djvu/161

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SOPRA DANTE 153

do dimostrato di qual città fosse, dice di che morte s’uccidesse dicendo, Io fè giubbetto, cioè forche, a me delle mie case, e così mostra s’impiccasse per la gola nella sua medesima casa: la quale dice avere a sè fatto giubbetto, perciocchè così si chiama a Parigi quel luogo dove i dannati dalla giustizia sono impiccati. Nè è costui dall’autor nominato, credo per l’una delle due cagioni, o per riguardo de’ parenti che di questo cotale rimasero, i quali per avventura sono onorevoli uomini, e perciò non gli vuole maculare della infamia di così disonesta morte, o vero perciocchè in que’ tempi, quasi come una maladizione mandata da Dio nella città nostra, più se ne impiccarono, acciocchè ciascun possa apporlo a qual più gli piace di que’ molti.

ALLEGORIE DEL CAPITOLO TREDICESIMO


Non era ancor di là Nesso arrivato ec.

Avendo la ragione nel superior canto mostrato all’autore qual sia la colpa di coloro i quali violenza usano nel prossimo o nelle sue cose, più avanti per lo settimo cerchio procedendo, gli dimostra a qual pena dannati son coloro i quali in sè medesimi crudelmente adoperano, e le lor cose bestialmente gittano e consumano, descrivendogli primieramente quegli che contro a sè uccidendosi hanno bestial-