Pagina:Campanella, Tommaso – Lettere, 1927 – BEIC 1776819.djvu/339

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lettere 333

e questo commanda ogni legge, e che potemo far l’uno e l’altro, e che dove al ben non potemo, Dio s’obligò paternaliter aiutar che possiamo; né ti comanda volar senza darti l’ale, e come dice san Leone e ’l concilio tridentino, «iubet facere quod potes, Petere quod non potes, adiuvat ut possis etc. simul etc.». Li decreti di Dio eterni son ignoti; quel che s’è detto è noto e si deve esequire; e noi disputamo di quel che non si sa da loro né da noi senza rivelazione divina, come tutti padri dissero ed osservâro. Ho con tutto ciò sodisfatto a tutti con san Tomaso ben letto in tutti suoi libri e ben inteso.

Circa le dimande loro, io risposi che se gli eretici vònno convertirsi, certo concedendoli il calice e lasciando l’imagini per adesso, si può fare: est in manu sancti pontificis ex concilio tridentino; se no, no etc. Circa la messa volgare si deveria assolutamente concedere propter argumentum.

Io in tutto me sottopongo a quel che Sua Beatitudine e la Santa Congregazione diranno: ho fatto quel che si può etc., «servi inutiles sumus». Le scrissi per l’altra quel che si può far del principe d’Etiopia: è di far andar il padre frate Antonio alla missione in Etiopia, e ’l principe aspettar qui il loro ritorno o avviso etc.; aspetto risposta da Vostra Signoria illustrissima. Ho scritto in quibus possunt comunicare, et in quibus non, cutn schismaticis et infidelibus: non so se fu dato a Vostra Signoria illustrissima: restò tra scritti miei.

Resto al comando di Vostra Signoria illustrissima e li prego da Dio ogni contento. Bacio le mani.

 Parigi, a 25 settembre 1635.

Di V. S. illustrissima e reverendissima
servitore umilissimo
Fra Tomaso Campanella.


All’illustrissimo e reverendissimo monsignor Ingoli,
     secretario della santa congregazione de propaganda fide,
          padrone osservandissimo,
 Roma, alla Cancelleria.