Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/381

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cadice. 375


donna, e via via, per un pezzo non feci che tradur cattivi versi italiani in pessima prosa spagnuola, con gran soddisfazione di quella buona gente che per la prima volta poteva dire di capire un poco quello che aveva tante volte cantato coll'aria di capire moltissimo. Quando ognuno ne seppe quanto voleva, la conversazione si ruppe; io stetti un po' col baritono che mi canterellò un'aria di zarzuela; poi mi attaccai a un corista, il quale mi disse che il tenore faceva all'amore colla prima donna; poi tirai in disparte il tenore che mi scoperse gli altarini della moglie del baritono; poi discorsi colla prima donna che disse roba da chiodi dell'intera compagnia; ma erano tutti amiconi, e incontrandosi in quell'andare e venire sulla coperta, gli uomini si azzeccavan dei pizzicotti, le donne si mandavan dei baci, gli uni e le altre si scambiavano sguardi e sorrisi che rivelavano intelligenze secrete; e chi solfeggiava di qui, e chi canterellava di là, e chi faceva un trillo in un canto, e chi in un altro tentava un do di petto che finiva in un rantolo; e intanto discorrevan tutti insieme di mille corbellerie. Suonò finalmente la campanella e ci gettammo a tavola coll'impeto di tanti invitati ufficiali a un pranzo di gala per una festa d'inaugurazione d'un monumento. A quel desinare, in mezzo alle grida e ai canti di tutta quella gente, bevvi per la prima volta un bicchiere schietto di quel formidabile vino di Jerez, del quale si cantan le meraviglie ai quattro angoli della terra. Appena l'avevo tracannato, che mi parve di sentire