Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/383

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cadice. 377


tacque e chinò il viso. La guardai: piangeva. Le domandai che cos'avesse. Mi rispose malinconicamente: — Penso a uno spergiuro. — Poi diede in uno scoppio di risa e ricominciò a cantare. Aveva una voce armoniosa e snella, e cantava con un sentimento come di tristezza amorosa; il cielo era tutto tempestato di stelle, e il bastimento scorreva così placidamente sul fiume che pareva appena che si muovesse; e io pensavo ai giardini di Siviglia, all'Affrica vicina, e a una persona cara che m'aspettava in Italia, e mi pigliava il piantoriso, e quando la donna cessava di cantare, le dicevo: — Canti ancora — e

«Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno...»


Allo spuntar dell'alba il bastimento stava per entrare nell'Oceano; il fiume era immenso; la riva destra appariva appena, in lontananza, come una lingua di terra di là dalla quale luccicavan le acque del mare. Alcuni istanti dopo il sole s'affacciò all'orizzonte, e il bastimento uscì dal fiume. Allora ci si spiegò dinanzi agli occhi un tale spettacolo, che se si potessero confondere in una sola arte rappresentativa la poesia, la pittura e la musica, io per me credo che Dante colle sue più grandi immagini, il Tiziano coi suoi più fulgidi colori e il Rossini colle sue più potenti armonie, non sarebbero riusciti, tutti e tre insieme, a significarne la magnificenza e l'incanto. Il cielo era una meraviglia di color zaffiro senza la macchia d'una nube,