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Pagina:De Sanctis, Francesco – Giacomo Leopardi, 1961 – BEIC 1800379.djvu/129

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XIII

1820-21


PROGETTI

Fu più facile a Leopardi comporre la canzone che pubblicarla per le stampe. S’indirizzò all’avvocato Brighenti in Bologna, amicissimo di casa, commettendogli la stampa di questa e di altre due canzoni inedite e delle due già pubblicate in Roma. Il primo intoppo fu del denaro, non riuscitogli di accumulare la somma intiera, e schivo di domandarla alla sua famiglia. Un altro intoppo gli venne dal padre, che pose il suo veto alla stampa delle due canzoni di Roma e di quella ancora inedita intitolata: Nello strazio di una giovane, già esaminata innanzi. Le due prime, come politiche, parvero al buon padre pericolose; l’altra gli parve materia di scandalo, trattandosi di un fatto vero e di fresca memoria in paese. Lasciò correre quella a Monsignor Mai, parendogli dal titolo innocentissima: si trattava di un Monsignore. Il figlio prima s’infuria: e che lo si tratti come un fanciullo, e che le canzoni sono sue e non di lui, e che vuol parere quello che è, ed essere quello che gli piace, e nessuno può costringerlo a fare altrimenti, «per lo stesso motivo, a un dipresso, per cui Catone era sicuro in Utica della sua libertà... È tempo di morire. È tempo di cedere alla fortuna ecc., ecc.». L’irritabilitá nervosa gli ingrandiva oggetti e impressioni. Ciascuna puntura era una tragedia. Poi, sbollito quel primo calore, viene l’ironia e il frizzo. «Se volessimo seguire i gran princìpi