Pagina:Deledda - Il paese del vento, 1931.djvu/171

Da Wikisource.

— 165 —

Adesso però non parlo più con nessuno. Chi se ne importa?

— Con me parlate ancora.

— Con lei è un’altra cosa.

Pausa. Egli tace, con la canna nel pugno, issata come uno scettro: sotto di noi, nell’acqua di smeraldo, ove pare galleggi una rete d’oro, i pesciolini giocano un loro gioco fantastico che rassomiglia a quello delle rondini nel crepuscolo glauco e dorato delle sere estive.

Come sono felici! Come tutto è felice, nella natura, mentre l’uomo solo si affanna nei suoi vani tormenti.

Io mi piego, coi gomiti sulle ginocchia, il viso fra le mani, e mi confesso al pescatore.

— Sì, lo so, quell’uomo è malato, ed anche cattivo. È la malattia, che, a volte, rende persino crudeli quelli che ne sono colpiti. Ho sentito raccontare che un operaio tisico, in una grande città, di quelle dove sono cattivi anche gli uomini sani, sputava sui bambini che incontrava, per infettarli. Io, però, da ragazza, ho cono-