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56 i marmi - parte prima


letteruccie stitiche, sapere ogni cosa e a pena siate fuori delle pezze! o animaletti studiantuzzi che scacazzate con duoi pigrammi uno stracciafoglio e credete d’esser tenuti i savi della villa! o imbrattamestieri che rappezzate scartabegli, andatevi a ficcare in un cesso! o poetuzzi che fate le vostre leggende da un soldo e poi volete il capo infrascato, frasche veramente siete, civettini. Non udite voi che’l Tempo è quel che sa? Non bisogna, per fare l’altiero, il signorotto e il nobile, furfantegli, figliuoli di spadai, di notaiuzzi, di montanari e di fanti, sputar sí tondo! La cera, poveretti, vi condanna: un pare la moria, l’altro un facchino e quell’altro il tradimento copiato dall’originale: oh che cere di dotti! Deh, statevi come la porcellana, e accompagnatevi con il Tempo, se volete sapere: non udite voi che lui solo sa, lui solo può insegnare? — Eh, basta — disse il Tempo — non ti pigliar ancor tu piú impacci che non ti bisogni; lascia fare a me, ché io ti prometto, Tribolo caro, che, alla fine alla fine, se non sono quei che debbono essere, oh non saranno, ché io gli farò rimaner tante bestie. Domanda, se vuoi sapere altro. — Avrei piacere d’intendere qual cosa voi avete per piú leggieri. — In quello che io aspettava che mi rispondesse: «il cervel del tale e del tale, o il mio», e’ disse: — L’intendere, l’intelletto, perché passa i mari, penetra i cieli e vola in un súbito dove egli vuole senza offesa o offendere. — Quale è piú forte? — Oimè — disse il Tempo — questa è bene una dimanda che bisogna che tu tenga a mente la risoluzione: l’uomo necessitato, colui che bisogna che facci una cosa, o voglia o non voglia; questa è una macchina terribile, fortissima piú che muraglia e che pietra di diamante salda.—

Ridolfo. Io per me, se tu séguiti cose sí curiose, son per diventar una statua.

Moschino. Spero che il tuo sogno avrá quella bella fine, da che il discorso è sí bello.

Ridolfo. In tanto tu non sentivi i disagi del mondo: felice chi dorme come te!

Tribolo. — La piú difficil cosa che sia da conoscere, vorrei da te sapere. — Questa credo che tu l’abbi provata piú volte: