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nè mai, o che caccino o che guerreggino, depongono il turcasso e le freccie.

Questa determinazione di Alessandro, che a prima vista si parea prudentissima, non fu corrisposta dalla fortuna. L’esercito ch’ebbe il comando di passare per l’Armenia, superati a grand’islento e sudore, sebbene il cammino agevolato fosse dalla stagione estiva, gli erti e scoscesi monti di quel paese, e scorso nella Media ponea tutto a fuoco e saccheggio, e riportavane ricchissimo bottino. Appena ne fu dato avviso al re, si pose tosto in campagna, con quanto maggior numero di truppe potè riunire; ma non gli fu possibile di fare dar volta ai romani, atteso il paese alpestro, e come tale adatto più alla fanteria che a’ cavalli, i quali in que’ greppi discoscesi travaglian moltissimo a trovarsi una via. In questo frangente viene nuova al re che un altro esercito romano avea fatto irruzione nella Partia orientale. Questo avviso lo commosse grandemente, e venutogli in capo che sconfitti i parti si gittarebbe sulla Persia, lasciò in Media quelle truppe che gli parvero sufficienti a difenderla, ed egli seguito da tutto l’esercito se ne venne a spron battuto a’suoi stati di oriente. Il romano esercito, non avendo avuto alcun’incontro di forze nemiche, traversava que’ paesi sfilato e sènza ordinanza, credendo tutti che