Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/44

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38 libro primo

     100In questo, come mia fortuna volle,
una schiera di cervi giú emerse
e discese nel pian suso dal colle.
     Le ninfe tutte per la valle sperse
cursono a far la caccia per lo piano
105per vari lochi e vie aspre e diverse.
     Lippea coll’arco bello, ch’avea in mano,
seguí un cervio, ch’andò verso il monte
e passò a lato a me poco lontano.
     Sola soletta e con le voglie pronte
110gli andava dietro su tra il bosco incolto,
ferendo lui con le saette cónte.
     Ed io, che stava lí in quel loco occolto,
per ritrovarla dietro a lei mi mossi,
e tra le frondi del boschetto folto
     115due miglia o quasi cred’io andato fossi,
ch’io la trovai, e la fiera avea morta,
in prima dato a lei mille percossi.
     E quand’ella di me si fo accorta,
lassò il cervio e misesi a fuggire
120su verso il monte timidetta e smorta.
     E dietro a lei io comincia’ a dire:
— O ninfa bella, io prego, alquanto ascolta,
prego che mie parole vogli udire.—
     Come il cacciato cervio si rivolta
125sol per veder se il seguitan li cani,
cosí ella facea alcuna volta.
     E poi fuggía tra quelli boschi strani,
ed io seguíala tra le acute spine,
che mi strappavan le gambe e le mani.
     130— Perché fuggendo sí ratto cammine?—
diceva io a lei.— Io prego che ti guardi
che tra li boschi e scogli non ruine.
     Deh! perché non ti volti e non mi sguardi?
Di te ferito m’ha, o cara gioia,
135il falso Amor co’ suoi orati dardi.