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660 I Vicerè

egli stava con Vazza tra il primo ed il secondo. Quando arrivarono gli ultimi telegrammi e gli ultimi messi con le cifre definitive, non vi fu più dubbio: egli era il primo con 6043 voti; veniva dopo Vazza con 5989; poi Giardona con 4914; il radicale Marcenò restava fuori con 3309; Lisi precipitava con meno di 3000 voti; gli altri erano tutti a distanza di migliaia di voti, con 2000, con 1000 appena. Giulente non ne aveva più di 700!

Era notte alta, ma il palazzo Francalanza, iliuminato a giorno, risplendeva da tutte le finestre. Una folia sterminata traeva a congratularsi col «primo eletto del popolo»; per le scale era un brusìo incessante; nelle sale non si respirava. Consalvo, raggiante, circolava a stento in mezzo alla folla compatta, afferrava tutte le mani, si stringeva addosso a tutte le persone, guarito interamente, come per incanto, dalla manìa dell’isolamento e dsi contagi, nella pazza gioia del magnifico trionfo. E quando una grande fiaccolata, un’immensa dimostrazione con musiche e bandiere, venne ad acclamarlo freneticamente, egli si fece al balcone, arringò la folla, si diede novamente in pascolo alla sua curiosità, come un tribuno.

Per tre giorni la città fu in un continuo fermento: ogni sera la dimostrazione si rinnovava, l’entusiasmo invece di raffreddarsi cresceva. Fra il basso popolo una canzonetta, sull’aria del Mastro Raffaele, furoreggiava:


               Evviva il principino
                    Che paga a tutti il vino;
                    Evviva Francalanza
                    Che a tutti empie la panza.


Gruppi di ubbriachi gridavano: «Viva Vittorio Emanuele! Viva la rivoluzione! Viva il principino!...» cose ancora più pazze. Per tre giorni il palazzo restò ancora invaso dalla gente che veniva a congratularsi: una processione incessante dalie dieci del mattino a