Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/246

Da Wikisource.

— 230 —

ducati: i calabresi di Rossano e di Gioia, più dei pugliesi di Bari e Gallipoli. Le mandorle si tennero tra i 25 e i 26 ducati; i grani, tra 21 e 22 carlini; per i fagioli bianchi non variò il prezzo di 17 carlini e le fave salirono da 11 1/2 a 12. Il cacio di Cotrone si quotava 20 ducati e un carlino il cantaio, e quello di Sicilia, 20 ducati. La rendita 5 % oscillò da 115 a 116 3/4.

Si costruivano poche strade, pochi ponti e molte chiese; ma, anche per queste, tutto si faceva stentatamente; anche per i cimiteri, essendo per la sepoltura permesse ancora le chiese. I bisogni del Regno, in fatto di lavori pubblici, erano immensi. Nell’ottobre del 1858, s’inaugurarono i lavori della strada della Sila, alla presenza delle autorità ecclesiastiche e civili e, pochi giorni dopo, il Re con la Regina, i figli maggiori e pochi ufficiali superiori scortati da gendarmi a cavallo, si recarono a visitare il ponte Farnese sul Liri, presso il villaggio d’Isoletta, frazione del comune di Arce. Approvata l’opera, dovuta alla perizia dell’ingegnere direttore, Ferdinando Rocco, il Re volle proseguire per la via che mena ad Arce. Guidava egli stesso il phaeton, in cui era la famiglia. A un certo punto di quella magnifica e ferace campagna, alla quale fan corona le ultime propagini dell’Apennino abruzzese, il Re fermò i cavalli, e, chiamati i sottoprefetti di Gaeta e di Sora, che lo seguivano, Francesco Dentice d’Accadia e Giuseppe Colucci, domandò loro come si chiamassero tutti i ridenti paesi, che sorgevano alle falde di quei monti. Saputo che si chiamavano Fontana, Arce, Rocca d’Arce, Roccasecca, Colle S. Magno, Palazzolo Castrocielo, uscì in queste parole: "Ecco, così dovrebb’essere tutto il Regno: la domenica, suona la campana, e si riunìsce il Decurionato. Si delibera, e poi ciascuno torna alla campagna e al lavoro; mentre nelle città . . . .„ e qui s’interruppe. Proseguendo per Arce, giunse al bivio dove si stacca il tronco che conduce a Ceprano, ed arrivato in quella cittadina, desiderò di salutare il marchese Ferrari, non so se fratello o padre di monsignor Ferrari, ministro delle finanze di Pio IX. Scambiati con lui alcuni complimenti avanti al suo palazzo, tornò indietro, senza scendere dal legno e rientrò a Gaeta a tarda sera.


Altri segni di risveglio non mancavano, e le Società Economiche vi contribuivano, secondo il loro potere. Queste Società, delle quali ogni provincia ne aveva una, erano veramente più