Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/708

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cavando da un astuccio di raso un liuto d’avorio, raccordò e cantò queste parole:

««Il più felice istante è quello che si passa vicino all’oggetto dell’amor suo, allorchè il vino brilla nelle coppe e gli occhi contemplano vezzi incantevoli.»»

«Restai, Commendatore de’ credenti, con quella bella creatura sinchè fu finito tutto il mio danaro. Allora piansi amaramente, e siccome la figliuola del vecchio mi amava assai, prese parte al mio dolore. — Secondo l’uso di mio padre,» mi disse, «bisogna assolutamente che, se non avete più denaro, partiate entro tre giorni; ma rassicuratevi, voi non mi lascerete. Mio padre è immensamente ricco, e tutti i suoi tesori sono in mia mano. Io vi darò una borsa di cinquecento zecchini che gli passerete ogni mattina, dicendo che per l’avvenire non volete più pagare un mese alla volta, ma una notte soltanto; avrò cura di procurarvi ogni sera la borsa. — .

«Vissimo in tal maniera un anno intiero. Ma un giorno, avendo la mia diletta battuta una sua schiava della quale era malcontenta, questa, per vendicarsene, corse a svelare al vecchio il segreto che tanto ne importava di tenere nascosto. Taher si decise a farmi uscire dalla mia camera sull’istante. — Tengo,» mi disse, «i miei ospiti tre giorni dopo che non mi possono più pagare; ma voi, a quanto sento, è già un anno che siete qui a mie spese. Su via, spogliatevi de’ vostri abiti, ed uscite di questa casa se vi è cara la vita.» Mi si tolsero gli abiti e fui posto alla porta del tutto ignudo. Disperato d’aver in tal modo scialacquato il frutto delle fatiche di mio padre, errai per tre dì nella città di Bagdad, senza prendere cibo alcuno; il quarto m’imbarcai su d’una nave che faceva vela per Bassra. In questa città, incontrai un