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dialogo di un folletto e di uno gnomo 33


Gnomo. Tu dici il vero. Or come faremo a sapere le nuove del mondo?

Folletto. Che nuove? che il sole si è levato o coricato, che fa caldo o freddo, che qua o lá è piovuto o nevicato o ha tirato vento? Perché, mancati gli uomini, la fortuna si ha cavato via la benda, e messosi gli occhiali e appiccato la ruota a un arpione, se ne sta colle braccia in croce a sedere, guardando le cose del mondo senza piú mettervi le mani; non si trova piú regni né imperi che vadano gonfiando e scoppiando come le bolle, perché sono tutti sfumati; non si fanno guerre, e tutti gli anni si assomigliano l’uno all’altro come uovo a uovo.

Gnomo. Né anche si potrá sapere a quanti siamo del mese, perché non si stamperanno piú lunari.

Folletto. Non sará gran male, che la luna per questo non fallirá la strada.

Gnomo. E i giorni della settimana non avranno piú nome.

Folletto. Che, hai paura che se tu non li chiami per nome, che non vengano? o forse ti pensi, poiché sono passati, di farli tornare indietro se tu li chiami?

Gnomo. E non si potrá tenere il conto degli anni.

Folletto. Cosí ci spacceremo per giovani anche dopo il tempo; e non misurando l’etá passata, ce ne daremo meno affanno, e quando saremo vecchissimi non istaremo aspettando la morte di giorno in giorno.

Gnomo. Ma come sono andati a mancare quei monelli?

Folletto. Parte guerreggiando tra loro, parte navigando, parte mangiandosi l’un l’altro, parte ammazzandosi non pochi di propria mano, parte infracidando nell’ozio, parte stillandosi il cervello sui libri, parte gozzovigliando, e disordinando in mille cose; in fine studiando tutte le vie di far contro propria natura e di capitar male.

Gnomo. A ogni modo, io non mi so dare ad intendere che tutta una specie di animali si possa perdere di pianta, come tu dici.

Folletto. Tu che sei maestro in geologia, dovresti sapere

che il caso non è nuovo, e che varie qualitá di bestie

     G. Leopardi, Opere- II. 3