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VITA MANDRIANA.1

San Jacinto de Mercedes.

Il mio ospite, questo estanciero bolognese che mi fa gli onori di casa della campagna americana — un simpatico tipo da romanzo, uno di quegli avventurosi eroi alla Ohnet che ritrovano in una esistenza di rude lavoro la ricchezza perduta per una gioventù spensierata e mondana — , mi dice di amare molto la sua vita di solitudine selvaggia. E io lo credo bene.

Egli ha conosciuto troppo la società per non preferire l’isolamento. Ha vissuto troppo fra gli uomini per non amare le bestie. La bestia ha sull’uomo questo vantaggio, che è infinitamente più buona. La cattiveria è una prerogativa umana, e l’uomo domina più perchè cattivo che perchè intelligente.

Basta viverla un po’ questa vita dell’estancia per sentirne tutto l’incanto. Non c’è nulla: comodità poche, varietà nessuna, un orizzonte infinito e monotono, un silenzio perpetuo. È che il godimento non viene dai beni presenti, ma dai mali assenti. È un po’ la gioia del perseguitato che si sente libero in un asilo tranquillo — e ogni uomo nel consorzio dei suoi simili è sempre un perseguitato più o meno.

  1. Dal Corriere della Sera del 25 giugno 1902.