Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/225

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atto terzo 219


ch’altri s’appressi. È questo
certamente il tiranno. Aita, o dèi:
se vendicata or sono,
ogni oltraggio sofferto io vi perdono. (si nasconde)
Marzia. (Oh ciel, dove mi trovo! Almen potessi
impedir ch’ei non giunga!)

SCENA VII

Cesare e dette in disparte.

Cesare. (guardando la scena)  Il calle angusto
qui si dilata: ai noti segni il varco
non lungi esser dovrá. Floro, m’ascolti?...
 (voltandosi indietro)
Floro!... Nol veggio piú. Fin qui condurmi:
poi dileguarsi! Io fui
troppo incauto in fidarmi. Eh! non è questo
il primo ardir felice: io di mia sorte
feci in rischio maggior piú certa prova.
Emilia. Ma questa volta il suo favor non giova. (esce)
Marzia. (Oh stelle!)
Cesare.  Emilia armata!
Emilia.  È giunto il tempo
delle vendette mie.
Cesare.  Fulvio ha potuto
ingannarmi cosí?
Emilia.  No. Dell’inganno
tutta la gloria è mia. Della sua fede,
giurata a te, contro di te mi valsi.
Perché impedisse il tuo ritorno al campo,
a Fulvio io figurai
d’Utica su le porte i tuoi perigli.
Per condurti ove sei, Floro io mandai