Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. IV, 1914 – BEIC 1885923.djvu/114

Da Wikisource.
108 xvii - zenobia


Zenobia.   Oh sventurato!

oh tradito mio sposo!
Zopiro.   Invan lo chiami:
fra gli estinti ei dimora.
Radamisto. Menti! per tuo castigo ei vive ancora. (palesandosi)
Zopiro. Son tradito!
Zenobia.   Ah, consorte!
Radamisto.   Indegno! infido!
cosí... (snuda la spada, e vuole assalir Zopiro)
Zopiro.   T’arresta, o che Zenobia uccido.

(impugnando con la destra uno stile in atto di ferir Zenobia, e tenendola afferrata con la sinistra)

Radamisto. Che fai? (fermandosi)

Zenobia.   Misera me!
Radamisto.   Non so frenarmi:
il furor mi trasporta.
Empio!...
Zopiro.   Se muovi il piè, Zenobia è morta.
Radamisto. Che angustia!
Zenobia.   Amato sposo,
giá che il ciel mi ti rende,
salva la gloria mia. Le sue minacce
non ti faccian terror. Si versi il sangue,
purché puro si versi,
dal trafitto mio sen; sciolgasi l’alma
dal carcere mortal, purché si scioglia
senza il rossor della macchiata spoglia.
Radamisto. O parte del mio core, o vivo esempio
d’onor, di fedeltá, dove, in qual rischio,
in qual man ti ritrovo! Oh Dio! Zopiro,
pietá, se pur ti resta
senso d’umanitá, pietá di noi!
Rendimi la mia sposa. Io, tel prometto,
vendicarmi non voglio: io ti perdono
tutti gli eccessi tuoi.
Zopiro.   No, non mi fido.
Parti.