Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. IV, 1914 – BEIC 1885923.djvu/172

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166 xviii - attilio regolo


Regolo.   E sará vero

che un vergognoso cambio
possa Roma bramar?
Publio.   No: cambio o pace
Roma non vuol; vuol che tu resti.
Regolo.   Io! come?
E la promessa? e il giuramento?
Publio.   Ognuno
grida che fé non déssi
a perfidi serbar.
Regolo.   Dunque un delitto
scusa è dell’altro. E chi sará piú reo,
se l’esempio è discolpa?
Publio.   Or si raduna
degli áuguri il collegio: ivi deciso
il gran dubbio esser deve.
Regolo.   Uopo di questo
oracolo io non ho. So che promisi:
voglio partir. Potea
della pace o del cambio
Roma deliberar: del mio ritorno
a me tocca il pensier. Pubblico quello,
questo è privato affar. Non son qual fui;
né Roma ha dritto alcun sui servi altrui.
Publio. Degli áuguri il decreto
s’attenda almen.
Regolo.   No: se l’attendo, approvo
la loro autoritá. Custodi, al porto. (agli africani)
Amico, addio. (a Manlio, partendo)
Manlio.   No, Regolo: se vai
fra la plebe commossa, a viva forza
può trattenerti; e tu, se ciò succede,
tutta Roma fai rea di poca fede.
Regolo. Dunque mancar degg’io?...
Manlio.   No, andrai; ma lascia
che quest’impeto io vada