Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. IV, 1914 – BEIC 1885923.djvu/279

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atto terzo 273


Linceo.   Lo veggo, è vero:

non merito perdon; ma...
Ipermestra.   Di scusarti
lascia il peso al mio cor. Sará sua cura
di trovarti innocente. Or da te bramo
una prova d’amor.
Linceo.   Tutto, mia speme,
tutto farò.
Ipermestra.   Me lo prometti?
Linceo.   Il giuro
ai numi, a te.
Ipermestra.   Senza frappor dimore,
fuggi d’Argo, se m’ami.
Linceo.   E qual cagione...
Ipermestra. Questo cercar non déi. Questa è la prova
ch’io domando a Linceo.
Linceo.   Che dura legge!
Ipermestra. Barbara, è ver, ma necessaria. Addio:
va’. (vuol partire)
Linceo.   Senti.
Ipermestra.   Ah! prence amato,
troppo giá mi sedusse
il piacer d’esser teco. Io perdo il frutto
del mio dolor, se piú rimango.
Linceo.   E come?
Ipermestra. Non cercar come io sto. Se tu vedessi
in che misero stato ora è il cor mio;
se tu sapessi... Amato prence, addio!
          Va’; piú non dirmi infida;
     conservami quel core;
     resisti al tuo dolore;
     ricòrdati di me.
          Che fede a te giurai,
     pensa dovunque vai;
     dovunque il ciel ti guida,
     pensa ch’io son con te. (parte)