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ATTO TERZO
SCENA I
Parte interna della fortezza, nella quale è ritenuto prigione Arbace. Cancelli in prospetto. Picciola porta a mano destra, per la quale si ascende alla reggia.
Arbace, poi Artaserse.
Arbace. Perché tarda è mai la morte,
quando è termine al martír?
A chi vive in lieta sorte
è sollecito il morir.
Artaserse. Arbace!
Arbace. Oh dèi, che miro! In questo albergo
di mestizia e d’orror chi mai ti guida?
Artaserse. La pietá, l’amicizia.
Arbace. A funestarti
perché vieni, o signor?
Artaserse. Vengo a salvarti.
Arbace. A salvarmi?
Artaserse. Non piú. Per questa via,
che in solitaria parte
termina della reggia, i passi affretta:
fuggi cauto da questo
in altro regno, e quivi
ramméntati Artaserse, amalo e vivi.
Arbace. Mio re, se reo mi credi,
perché vieni a salvarmi? E, se innocente,
perché debbo fuggir?